Così muore un poeta …
“La sera dell’8 agosto 1962 lesse alla moglie, Ninon, la terza stesura di una poesia, l’ultima, la più rassegnata, “Scricchiolìo di un ramo spezzato”:
“Ramo spezzato e scheggiato, / che ormai pende anno dopo anno / e asciutto scricchiola al vento il suo canto, / senza più fogliame nè scorza, / spelato, scialbo, di lunga vita / di lunga morte stanco. Secco risuona e tenace il suo canto, / caparbio risuona e in segreto angoscioso / ancora per tutta un’estate, per tutto un inverno ancora”.
Era una poesia legata ad un’esperienza tipicamente hessiana: in una passeggiata al mattino con Ninon il poeta riconosce un ramo di una robinia, spezzato, ma ancora in vita. La giornata gli riserva la visita della traduttrice francese con cui Hesse, più che ottantenne, si intrattiene in un vivace colloquio con Sartre, Camus, Beckett. A sera il poeta posa nella camera della moglie la nuova stesura della lirica. Alla donna piace; lui ne è soddisfatto, come ricorda Ninon: “Dissi o balbettai: “E’ una delle tue poesie più belle!”. Ascoltano ancora alla radio la “Sonata n.7 in Do Maggiore K 309” di Mozart, il suo autore preferito. Infine si ritira nella sua camera (dormivano separati). Al mattino, allarmata perchè Hermann non compare, Ninon entra nella stanza. Hesse è morto. Così muore un poeta.”
(Marino Freschi: “Sessant’anni senza Hesse …”)