Cosa succede quando si legge un libro?
Cosa succede quando leggiamo? Quali sono gli effetti della lettura dopo dieci minuti? E dopo un’ora? E dopo dieci anni? L’Università della Virginia ha dato una risposta scientifica a queste domande riassunte poi in un’infografica, qui sopra. Si scopre che i libri hanno un effetto sull’attività celebrale, sia immediato sia sul lungo periodo. La ricerca dell’università americana analizza gli effetti neurologici e cognitivi della lettura di libri o ebook in un arco di tempo che va dai 10 minuti ad anni, dopo che si è letto il libro.
Dopo 10 minuti: Stimolazione istantanea del sistema sensoriale: tatto, vista e olfatto sono colpiti da un impulso come quello di nuovo inizio. A livello intellettivo si ha un sorta di eccitazione per la novità dell’esperienza, un lieve senso di disorientamento, una certa resistenza alle nuove idee e un generale aumento dell’attività celebrale.
Dopo 30 minuti: Gli effetti aumentano e si può arrivare a sperimentare allucinazioni uditive o visive: il lettore viene “letteralmente” trasportato in un altro mondo e in un altro tempo. Inizia anche un rapporto fisico con il libro: si piegano gli angoli delle pagine per farne dei segnalibri, si sottolineano alcune frasi, si scrivono note a margine.
Dopo 60 minuti: L’immersione nel libro è totale. Il lettore può provare sensazioni opposte, dalla risata al dolore. Spesso, chi legge narrativa, prova una sorta di connessione emotiva con i personaggi e gli eventi del libro, mentre il “mondo reale” tende a scomparire. Il lettore è completamente sopraffatto e può succedere che interrompa la lettura e si metta a fissare il vuoto. Si pensa che questo sia un effetto collaterale, insieme all’esposizione a fatti e idee completamente nuovi e una più profonda conoscenza della condizione umana: questo di chiama “imparare”.
Dopo più di 60 minuti: Il libro adesso ha assorbito completamente il lettore, che se ne distacca mal volentieri. Il bisogno del lettore di continuare a leggere la storia è ora così forte che è incapace di interromperla, anche per bisogni primari come mangiare o dormire.
Dopo giorni, settimane, mesi: La durata dipende dalle abitudini del lettore e dalla lunghezza del libro, ma a questo punto il libro è finito. Questo provoca un senso di intensa malinconia nel lettore. Alcuni rileggeranno il libro una seconda o una terza volta nel tentativo di riprovare il sentimento che hanno provato la prima volta. Altri vorrebbero tornare alla vita precedente alla lettura del libro, quando il mondo sembrava meno complicato.
Paradossalmente, sono questi i lettori che, dopo un periodo di riposo, passano a libri ancora più impegnativi. Dopo anni: Gli effetti del libro sono ancora visibili. Molti sono diventati lettori abituali e hanno incrementato le loro conoscenze, entrando in un ciclo di apprendimento che dura tutta la vita.
Se questi sono i risultati ai quali è giunta la ricerca di cui sopra, mi va di esprimere la mia opinione visto e considerato che mi sento parte in causa. Tirato per i capelli, per così dire, anche se di capelli me ne sono rimasti ben pochi dopo quattro ventenni di letture. Quattro volte venti fanno ottanta, a dire il vero. Devono essere di meno, se considero che ho imparato a leggere probabilmente all’età di quattro cinque anni.
Già intorno ai 4–5 anni, alcuni bambini sembrano molto attratti dalle ‘letterine’ dell’alfabeto, le guardano con interesse, nei libri, per strada, sui cartelli, ovunque, e cercano di scrivere qualcosa. Tale interesse del bimbo rientra nel suo più ampio percorso di esplorazione e scoperta del mondo intorno a lui. Si impara soprattutto per ‘imitazione ed esempio’.
La crescita, però, non è un insieme di tappe identiche per ogni bambino: questo è un punto fondamentale su cui tutti gli esperti sono concordi. Quindi, è normale che ci sia chi mostri la voglia di leggere e scrivere molto prima del debutto alla primaria e chi no. Un bimbo solitamente inizia ad imparare a leggere in modo fluente mediamente ad una età di circa 6/7 anni.
Il mio caso è quanto mai personale, come ho avuto spesso modo di scriverne. Sentire, ascoltare, parlare, leggere e scrivere sono le cinque abilità che appartengono ad ogni essere umano. Per questa ragione, l’uomo si distingue da ogni altro essere vivente su questo pianeta. Quando si scoprirà da qualche parte dell’universo, un altro essere che comunica in questa maniera, (ancora meglio, se diversamente!), spero di essere ancora in grado di vivere questa esperienza comunicativa straordinaria.
Ricordo vagamente il tempo di quando feci conoscenza con le lettere dell’alfabeto. Sicuramente dovevo avere intorno ai sei/sette anni. La guerra era appena finita, la mia famiglia da Pozzuoli dove mio padre lavorava, fummo costretti a scappare dai bombardamenti a tappeto che si abbatterono su Napoli.
La grossa fabbrica dove lui era niente-di-meno che collaudatore di cannoni, il noto stabilimento Ansaldo, era facile obiettivo militare. Ho ricordi confusi e annebbiati della fuga a piedi da quella casa dove abitavamo quasi a ridosso della ferrovia Cumana, altro punto sensibile ai bombardamenti!
Attraversammo il tunnel di Fuorigrotta, diventato un infernale, dantesco ricovero anti aereo, scappammo a Sarno e poi in Costiera a Tramonti. A fine guerra, felicemente superstiti, mio padre sarebbe potuto ritornare all’Ansaldo, rimasto miracolosamente intatto. Sapemmo poi, che si era “salvato” perchè lo avevano “venduto” agli “alleati” con tutte le “commesse”.
Lui non volle ritornare ai cannoni, preferì entrare nella tipografia che il padre Michele aveva prelevato dai fratelli Fischetti. Diede inizio alla sua nuova vita di tipografo insieme ai suoi fratelli con le “Arti Grafiche M. Gallo & Figli”. Cominciò così la mia formazione. Imparai a sentire, ascoltare, leggere e scrivere con i caratteri mobili di Gutenberg in Piazza Municipio a Sarno, nella Valle dei Sarrasti.
Un lungo dettagliato racconto, il giusto contesto, per arrivare a capire con esattezza cosa significa un libro, comprenderlo, ricordare quello che si legge e cosa rimane dopo. Lettera dopo lettera, sul tipometro del compositore, riga dopo riga nella pagina della forma, in macchina, pronto per la stampa, un viaggio fisico e mentale che finisce nelle mani di chi scopre se stesso, gli altri e il mondo in un’avvincente esperienza.
Le lettere erano di piombo e di legno. I caratteri erano di varia forma, grandezza e spessore. Il cassettone era la loro casa, in quei piccoli spazi quadrati. Dall’alto in basso, da sinistra verso destra. Mi vevano insegnato a toglierle e metterle. Ognuna nel suo spazio. Maiuscole e minuscole, tonde corsive o in neretto.
Mi avevano dato quel compito. Ognuna al suo posto. Ma spesso il compositore a mano sul tipometro, non trovava la lettera giusta. Nella casella della “A” era uscita invece una “P”. Avevano deciso che era colpa mia. Avevo sbagliato a “scomporre”. Il carattere sbagliato nella casella sbagliata.
Poi venne la “riga”. Conoscevo le lettere, dovevo ora leggere la “riga”. Aveva senso fino al punto. C’era anche la virgola e il punto e virgola, l’esclamativo e l’interrogativo, i due punti, l’eguale. A poco a poco le cose sembravano sempre più difficili. Avevo cominciato a leggere ed ero pronto ad incontrare il senso.
Gliela dava la “forma”, quel blocco di righe di piombo composto di lettere messe l’una dietro l’altra, legate con un filo di spago. Ci passava sopra un cilindro bagnato di inchiostro, il foglio avrebbe dato la luce al senso.
Foglio dopo foglio, quinterno dopo quinterno, in ottavo o sedicesimo, il libro era pronto. La sua fisicità conteneva il senso della storia, il racconto, la poesia, il clichè dava l’immagine. Ero pronto a leggere. Ecco, a questo punto posso rispondere alla domanda che pone questo post: Che succede quando si legge un libro?
Ho detto, ma solo in parte, quello che è successo a me. Come faccio a dire cosa succede a chi legge un libro? Ogni libro dà al lettore il proprio senso. Come leggo io, non legge l’altro, chiunque abbia lo stesso o un diverso libro tra le mani.
Ogni lettura è un’esperienza personale, un viaggio ed un’avventura. Sono quattro ventenni, o quasi, che continuo ad avventurarmi. E non finisce qui. Il libro della mia vita non l’ho ancora finito di scrivere. Alla fine saprò, almeno lo spero, cosa è successo a “Il Figlio del Tipografo”.
Pubblicato sul mio blog Unideadivita