Com’era “dolce la vita”, un mistero tra i misteri …

Antonio Gallo
4 min readJan 19, 2024

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Il Libro

Il 20 gennaio 1920 segna la nascita di un genio che trova un legittimo posto nella lunga e ricca lista degli Almamatti italiani che chi mi legge ben conosce. Per ricordarlo nel modo migliore, non potevo lasciarmi sfuggire l’occasione segnalando un libro di cui vedete qui sopra la copertina. Si chiama “Il Libro dei Sogni” ed è in vendita su IBS per la modica somma che vedete: 700 euro, scontati a 560. Una goduria davvero impossibile per un bibliomane come me.

Smanettando, smanettando in rete, mi sono accorto che ebbi occasione di parlare in anticipo di questo libro, quando libro ancora non era, ma soltanto una mostra. Lo scrissi il 13 aprile 2015 sul mio blog con il titolo “Il libro dei sogni di Federico Fellini”. Lo corredava un suo disegno sotto il quale il grande italiano “matto” scriveva:

“Tutto ciò che possiamo fare è cercare di raggiungere la consapevolezza che siamo parte di questo imperscrutabile mistero che è il creato. Obbediamo alle sue leggi inconoscibili, ai suoi ritmi e ai suoi mutamenti. Siamo misteri tra i misteri.”

Si parlava dei suoi sogni che erano in mostra e che sarebbero poi diventati quel libro, con quel prezzo (scontato!) Sono trascorsi più di sessanta anni e desidero cogliere questa occasione per riflettere in maniera personale sul tempo passato.

Quando uscì “La dolce vita” (1960), andai in Germania, da studente lavoratore. Ricordo la versione del film tradotto e pubblicato in tedesco, lo stesso anno della sua uscita nelle sale italiane. La traduzione fu curata da Klaus Mann, giornalista tedesco, figlio del celebre scrittore Thomas Mann.

Il film, distribuito con il titolo “Das süße Leben”, ebbe un significato leggermente diverso. In italiano, “la dolce vita” è un’espressione idiomatica che indica una vita spensierata e mondana, fatta di piaceri e divertimenti. In tedesco, “das süße Leben” ha un significato più ampio, che può riferirsi a qualsiasi tipo di vita piacevole e appagante, all’italiana.

Quando, poi, l’anno successivo, mi ritrovai a Londra, scoprii che “la dolce vita” italiana, in lingua inglese era rimasta “La dolce vita” di Fellini e basta. Il titolo era diventato un modo di dire, un proverbio, un segnale che il “mezzo”, il cinema, era diventato un “messaggio”. Alla maniera in cui lo intese Marshall McLuhan, indentificava un popolo, un modo di vivere, pensare, sognare.

Un significato antropologico che ancora oggi ci portiamo appresso, ogni qualvolta un italiano si trova a girare per il mondo: la dolce vita all’italiana. Ora, intendiamoci, io non ho nulla contro il mio Paese, questa Italia, che ritengo sia il miglior Paese al mondo sotto tutti i punti di vista. Alla stessa maniera di Leibniz penso che questo sia il migliore dei mondi possibili.

Il fatto è che, ad una certa età, se ti trovi a guardare indietro, puoi essere portato a pensare come era dolce la vita un tempo. Dolce, più dolce, forse, ma per chi? Di certo non per il sottoscritto che, a distanza di oltre mezzo secolo, è portato a tirare le somme.

Mi accorgo che, in questo scenario, la figura di Federico Fellini è scomparsa. Per questa ragione vi propono la lettura della sua figura così come la si può leggere nel citato Almamatto:

20 GENNAIO Federico Fellini Regista (1920–1993) Edipo in Romagna. Il 20 gennaio 1920 nasceva a Rimini Federico Fellini, il più talentuoso, immaginifico, visionario, onirico dei registi italiani. La sua vena creativa ha rivoluzionato i canoni estetici del cinema. Personaggi e scene dei suoi film sono diventati icone della memoria collettiva: Gelsomina e Zampanò stralunati artisti di strada nell’Italia del dopoguerra, il bagno nella Fontana di Trevi di Anita Ekberg, il carosello circense che conclude 8½, il transatlantico Rex che emerge dalla nebbia come una apparizione e lo zio Teo sull’albero che grida «Voglio una donna», in Amarcord. Non solo regista, ma anche sceneggiatore, disegnatore e fumettista, Fellini amava la magia, frequentava sensitivi e veggenti, sopra tutti Gustavo Rol, di cui seguì il consiglio di non girare Il viaggio di G. Mastorna perché avrebbe coinciso con la sua morte, rendendolo «il film non realizzato più famoso del mondo». Fellini era fortemente attratto dalle donne, le pensava in continuazione, amava essere da loro corteggiato. Inevitabile quindi che anche i suoi film siano popolati da donne, di solito provocanti nei confronti del maschio, Marcello Mastroianni, il suo alter ego cinematografico. Fellini le immagina morbide, calde, abbondanti e avvolgenti come un caldo abbraccio materno. Esse occupano tutte le sue fantasie risvegliando in lui le pulsioni del complesso edipico, alimentano la sua vita onirica priva di censure, la quale fornisce la sostanza dei suoi film. Una sorta di fissazione patologica per il mondo femminile, la sua, magistralmente esposta ne La città delle donne.

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Written by Antonio Gallo

Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one. Nulla dies sine linea.

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