Come leggo un libro …
Come ti leggo, caro libro. Innumerevoli sono i modi nei quali si può parlare e scrivere di un libro. Non uso la parola impiegata di solito, recensire, perchè mi sa di intellettualismo, una categoria alla quale non mi sento di appartenere. Per me il libro è come un essere vivente per il quale si possono usare le famose cinque domande usate in linguistica per insegnare una lingua: “chi-cosa-quando-dove-perché”. Basta adottarle anche per un libro e il gioco è fatto. Ma prima vorrei fare alcune considerazioni che non sono secondarie per chi decide di leggere e scrivere di un libro, di stendere una canonica “recensione”.
Questa decisione non nasce da sola, di per sè. Trova la sua ragione in un contesto sia interno che esterno al soggetto che prende in mano quel libro. Già in questa decisione si può capire la direzione che prenderà la scrittura. Me l’ha consigliato un amico, ho letto l’articolo di un giornale, ho sentito l’intervista dell’autore, ho visto il libro in libreria, c’era in una una bibliografia, faccio una ricerca, ho bisogno di un approfondimento. Oppure è l’ideologia, la politica, la gelosia, l’invidia, il rancore che porto per chi ha scritto quel libro. Tutti motivi e ragioni di un libro. Possono essere tanti gli stimoli a leggere, spesso controllati, altre volte senza una ragione precisa, istintivi ed irrazionali. Comunque sia, una volta che il libro si trova nelle nostre mani dobbiamo pur leggerlo.
A questo punto ognuno procede secondo i suoi impulsi. Io qui intendo parlare di come mi comporto io in questa situazione. Si tratta non solo di leggere un libro ma anche di aggiornare la propria biblioteca che e’ non solo cartacea, ma anche digitale. Sono due biblioteche diverse. Un lavoro ambizioso, ed anche faticoso, perchè ci vogliono tutte le qualità che dovrebbe avere chi conosce i criteri sui quali si basa la comunicazione e la biblioteconomia. La biblioteca digitale non è come la biblioteca fisica. E’ tutta una questione di “mente”.
“Le idee sono tali in quanto tu le puoi comunicarle agli altri, se le tieni per te non servono a nulla, anzi, non sono nemmeno idee”. In questa dichiarazione ritrovo tutte le ragioni per mettere online una biblioteca personale. Infatti, dove si possono trovare tante idee se non nei libri? E chi più e meglio di un bibliotecario dovrebbe essere in grado di gestire, conoscere e sistemare queste idee? Online, i tuoi libri, le tue idee le puoi condividere con il mondo. Quella fisica, è solo tua.
Io sono nato in una famiglia di tipografi tradizionali nel secolo e nel millennio passati, attraversando tutte quelle trasformazioni che si sono succedute nel corso degli ultimi tre quattro ventenni. Una cinquantina di anni paragonabili ai cinquecento, tanti quanti sono quelli che divisero l’invenzione dei caratteri a stampa di Gutenberg con quelli che stiamo vivendo oggi.
Dalla manualità della composizione a caratteri mobili, alla scrittura che in questo momento sto facendo al mio PC con l’appendice di smartphone. Questo significa che una pagina scritta in maniera tradizionale non potrà mai essere come quella digitale. Il confronto con la tecnologia informatica, applicata alla biblioteconomia, ha trasformato radicalmente le attività di selezione e controllo dell’informazione.
L’ambito di lavoro non è più solo lo spazio fisico della biblioteca, ma la Rete. Da questa l’operatore reperisce la cosiddetta documentazione remota, che richiede l’apprendimento di nuove tecniche per selezionare, raccogliere, descrivere e indicizzare i nuovi documenti. Ciò si riflette principalmente sulla strutturazione dei servizi e sull’organizzazione delle attività dirette al pubblico che, in funzione delle nuove possibilità offerte da internet, acquistano un’importanza fondamentale, a cominciare dal cosidetto “reference”, vale a dire i riferimenti del contesto. Scrivere in maniera tradizionale, a penna o macchina da scrivere, non è la stessa cosa di scrivere al pc. Allo stesso modo leggere in cartaceo non è la stessa cosa di leggere al tablet, al pc oppure al cellulare.
La recensione di un libro cartaceo sarà necessariamente diversa da quella di un volume digitale. Nella versione cartacea potrò avere un relativo supporto referenziale, note, disegno o immagini. Nella versione digitale potrò avere accesso alla rete mediante i link attivi e quindi sarò in grado di “uscire” dallo spazio del libro, spazio che non è fisico, ma una vera e propria “nuvola” mobile. Mi rendo conto che mi sto allontanando dal tema che rimane la recensione del libro. Ma era importante a questo punto mettere in evidenza la diversità del modo di procere nella lettura. Detto questo, vediamo come affrontare la lettura. Quella del libro tradizionale.
Non leggere il libro che hai tra le mani, non ancora, almeno. Devi guardarlo come oggetto, la sua altezza, lunghezza, peso, colore, spessore, rilegatura, stampa, carattere, formato, confezione. La sua esteriorità, il look, sono importanti. Il libro parla, esprime delle intenzioni, se non proprio quelle del suo autore almeno quelle dell’editore. Quindi entra in gioco il prezzo, il tipo di carattere, la stampa. A chi è diretto, chi lo leggerà, perchè quel titolo. Cosa mi comunica, chiede una risposta, pone un problema? Perchè quella copertina, quei colori? Prima e quarta di copertina, dorso. Pattine? Non l’ho ancora aperto.
Ma ancora non lo leggo, pur avendolo aperto. Sfoglio le pagine, guardo le linee dei caratteri, le righe, i margini, l’interlinea, i numeri delle pagine in alto o in basso, i paragrafi, i capitoli, i punti, le virgole, i due punti, le parentesi, le virgolette che segnano i dialoghi, i nomi, i luoghi, ma non ancora mi interesso al senso. Cerco di capire la sua leggibilità, la sua struttura grafica mi aiuta a intuire il pensiero dell’autore, il suo modo di comunicare.
Non lo leggo ancora. Cerco l’indice, all’inizio o alla fine, le note, se ci sono, a piede di pagina o in fondo al libro. Il numero dei capitoli, le immagini, se ci sono. Ma è un classico o un moderno? Un saggio o un romanzo, un racconto, una novella, un’opera teatrale, per adulti o per bambini, italiano o straniero, antico o moderno? Ma io cosa mi aspetto da questo libro?
Le risposte a questo punto variano a secondo del tipo di libro che ho tra le mani. Poesia, racconto, romanzo, commedia, tragedia, biografia, libro di storia, di fantascienza, di studio, un classico o un moderno. Diversità che richiedono un approccio diverso. Sono tutte scritture diverse che devono essere valutate in maniera diversa.
In un romanzo è necessario che io riesca a immaginare subito la situazione, il contesto, l’ambiente. Mai come in questo caso le canoniche domande “chi-cosa-quando-dove-perchè” sono davvero essenziali. Importante prendere appunti, ricordare ambienti e situazioni, nomi dei luoghi e dei personaggi. Cercare di afferrare il filo logico della narrazione, dove vuole andare a parare chi scrive, cosa fa dire ai suoi personaggi. Annotare cosa colpisce, cosa è ridicolo, stabilire se forma e contenuto si relazionano e come.
Ah! i romanzi, la loro lettura non è stata mai il mio forte. Mi ci perdo dentro. Trama, intreccio, plot, sub-plot, conflitti, interni ed esterni, personaggi, io, contro-io, svolgimento e capovolgimento, anticipazione o “foreshadowing”, isocronia, anisocronia, mimesi, punti di vista e finale. Se ci arrivo sono felice di averlo letto. Ma poche volte ci riesco. Eppure “Ulisse”, “Tristan Shandy” e “Moby Dick” li ho incontrati e conosciuti, anche se “Ulisse” mi ha perso lui e mi sono disperso io.
Diverso il caso della poesia, dei saggi e delle opere teatrali. In ogni caso leggere un libro significa fare una escursione, ed anche una invasione, in territori sconosciuti che sono fermi sulla pagina di un oggetto chiamato libro. Lo tieni tra le mani, o ne sfogli le pagine, oppure lo lanci dalla finestra. Tenendo presente che se scegli quest’ultima soluzione, lanci dalla finestra anche il suo autore. Tu che mi leggi su MEDIUM non puoi farlo. A meno che tu non decida di lanciare dalla finestra il tuo pc, il tuo tablet o il tuo cellulare. Lanceresti anche la biblioteca digitale.