Cartaceo & Digitale

Antonio Gallo
4 min readJun 2, 2020

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Libero

Avete notato come l’arrivo del misterioso nemico venuto da lontano chiamato Covid 19 ha trasformato completamente il nostro modo di comunicare? Siamo diventati tutti “smart workers”, lavoratori e comunicatori a distanza. Il digitale ha accorciato le distanze, ma le ha anche allungate. Tutto ciò che prima veniva scritto su carta, ora viene trasmesso in “bits & bytes”. Ogni uomo diventa così un libro.

Ma i libri non sono mai troppi. Una storia infinita. Nasciamo lettori, ci crediamo scrittori, diventiamo bibliofili, finiamo bibliomani. Il nostro destino è scrivere il libro della nostra vita e così diventiamo i romanzieri di noi stessi. Veri scrittori o plagiari, scriviamo per capire quello che pensiamo e pensiamo di essere. Giorno dopo giorno riempiamo le pagine della nostra vita, scriviamo poesie, inventiamo storie, scriviamo commedie, su carta o in “bits & bytes”.

Non siamo mai stanchi di usare parole in cerca di amore e verità, gloria e bellezza, fama e destino. Più scriviamo, meno sappiamo su questa storia infinita. I libri sono specchi, finestre, porte scorrevoli, pietre miliari, soprabiti, ancore, trampolini, nascondini, angoli tranquilli, coperte calde, tappeti volanti, fari di luce e chissà quante altre cose ancora. Per chi come me che ho imparato a leggere e scrivere in una tipografia, i libri sono molte altre cose ancora.

Questo blog testimonia con Medium, con i suoi venti e più anni di vita e con le migliaia di post pubblicati, le molte cose che un libro può essere per quanto riguarda l’esperienza di vita e di lavoro di uno che, nato e cresciuto in una famiglia di tipografi, continua a cercare di capire, scrivendo, quello che pensa, non più sulle pagine di un diario di carta, ma sulla tastiera di un pc, un iPad o uno smartphone.

Aveva ragione Marshall McLuhan quando disse, senza sapere troppo quello che diceva cinquanta e passa anni fa, ben prima che la nostra vita diventasse digitale, “il mezzo è il messaggio”. Mi piaceva aiutare mio padre a lavorare nella sua piccola tipografia di provincia.

Lui era un grande tipografo, “don Antonio o’ stampatore”, così lo chiamavano nel paese della Valle dei Sarrasti. Lui stampava di tutto: manifesti di lutto e partecipazioni di nozze, manifesti elettorali e giornali parrocchiali, libri e libretti. Le lettere di piombo prendevano forma, diventavano pagine e poi libri. Lui, quelle pagine le cuciva, perchè era pure un legatore. Il libro prendeva forma e nasceva nelle sue mani.

Li rilegava e li restaurava quando il tempo li aveva consumati. Se le cose stanno così, allora posso dire che il libro non è soltanto quello che dice questa immagine ma molte, molte altre cose ancora. La pagina che sto scrivendo sul mio Chromebook è una pagina. Ma è una pagina-web. Un libro molto, molto diverso da quello che mio padre ha stampato per tutta la sua vita.

Questa “pagina” ha una “forma” imprevista. Non è come quelle “forme” che i giovani compositori allineavano nella stanza della composizione, una dopo l’altra, prima che venissero poi messe in macchina per essere “stampate”. Questa pagina è scritta in “bits & bytes”, non fa parte di un libro come quelli, ha una natura “digitale”. Il termine deriva dall’inglese “digit”, che significa “cifra”.

In questo caso si tratta di un codice, un sistema numerico che contiene solo i numeri 0 e 1, che a sua volta deriva dal latino “digitus”, che significa “dito”: con le dita infatti si contano i numeri. Un determinato insieme di informazioni viene rappresentato in forma digitale come sequenza di numeri presi da un insieme di valori discreti, ovvero appartenenti a uno stesso insieme ben definito e circoscritto.

Anche mio Padre usava le dita della mano per prendere le lettere di piombo dalle casse per formare le righe della forma che dava vita alla pagina. Una ad una, maiuscola e minuscola, in tondo o in corsivo, corpo otto o corpo dieci, carattere di piombo o in legno. Le dita sporche d’inchiostro, le mie dita sulla tastiera, fanno la differenza. Quei caratteri impressi sulla carta davano vita alle pagine, le quali una volta cucite, facevano nascere il libro.

La pagina di questo post scorre sotto le mie dita e tra poco verrà trasmessa alla memoria digitale di Google per essere letta in Rete ed entrare a far parte della biblioteca digitale del mondo. I libri di mio padre entravano in biblioteche molto diverse. Quelle avevano un cuore di carta, queste hanno un cuore di “bits & bytes”. Sarei potuto diventare un libraio. Sono diventato, invece, un blogger.

Le mie dita erano sporche di inchiostro, il primo amore non si scorda mai. L’amore di cui parla Fausto Carioti il giornalista che risponde alla mia ennesima lettera scritta e pubblicata su un giornale. Lui pensa che il digitale (forse) non ucciderà la carta.

Ma io non l’ho mai pensato, detto o scritto. L’amore per i libri è tanto grande da poter contenerne tanti altri. Perchè un Amore, un Amore vero, non è altro che la somma di tanti, piccoli, grandi amori. Mio Padre, li conosceva tutti. Io sono suo figlio, Il figlio del Tipografo, appunto …

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Written by Antonio Gallo

Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one. Nulla dies sine linea.

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