Aveva ragione Marshall McLuhan
Scrivo in Rete ormai da molti anni. Questa mia volontaria e indipendente attività giornaliera testimonia, con migliaia di articoli pubblicati (si chiamano post da queste parti), mi ha portato a comprendere le molte cose che la scrittura può essere.
Riguarda l’esperienza di vita e di lavoro di uno che, nato e cresciuto in una famiglia di tipografi, continua a cercare di capire, scrivendo, quello che pensa. Non più sulle pagine di un diario di carta, ma sulla tastiera di un pc, un iPad o uno smartphone.
Aveva ragione Marshall McLuhan quando disse, senza sapere troppo quello che diceva cinquanta anni fa, ben prima che la nostra vita diventasse digitale, “il mezzo è il messaggio”. Mi piaceva aiutare mio Padre a lavorare nella sua piccola tipografia di provincia.
Lui era un tipografo, “don Antonio o’ stampatore”, così lo chiamavano nel paese della Valle dei Sarrasti. Lui stampava di tutto: manifesti di lutto e partecipazioni di nozze, manifesti elettorali e giornali parrocchiali, libri e libretti, testi universitari e memorie personali, biglietti da visita e storie di paese.
Le lettere di piombo prendevano forma, diventavano pagine e poi libri. Lui, quelle pagine le cuciva, perchè era pure un legatore. Il libro prendeva forma e nasceva nelle sue mani. Li rilegava e li restaurava, quando il tempo li aveva consumati.
Se le cose stanno così, allora posso dire che il libro non è soltanto quello che dice questa immagine ma molte, molte altre cose ancora. La pagina che sto scrivendo sul mio Chromebook è una pagina molto diversa dalla sua. E’ una pagina-web.
Pagine di libri molto, molto diversi da quelli che mio padre ha stampato per tutta la sua vita. Questa “pagina” ha una “forma” imprevista. Non è come quelle “forme” che i giovani compositori allineavano nella stanza della composizione, una dopo l’altra, prima che venissero poi messe in macchina per essere “stampate”.
Questa pagina è scritta in “bits & bytes”, non fa parte di un libro come quelli, ha una natura “digitale”. Il termine deriva dall’inglese “digit”, che significa “cifra”, che in questo caso si tratta di un codice, un sistema numerico che contiene solo i numeri 0 e 1, che a sua volta deriva dal latino “digitus”, che significa “dito”: con le dita infatti si contano i numeri.
Un determinato insieme di informazioni viene rappresentato in forma digitale come sequenza di numeri presi da un insieme di valori discreti, ovvero appartenenti a uno stesso insieme ben definito e circoscritto.
Anche mio Padre usava le dita della mano per prendere le lettere di piombo dalle casse per formare le righe della forma che dava vita alla pagina. Una ad una, maiuscola e minuscola, in tondo o in corsivo, corpo otto o corpo dieci, carattere di piombo o in legno.
Le dita sporche d’inchiostro, le mie dita sulla tastiera, fanno la differenza. Quei caratteri impressi sulla carta davano vita alle pagine, le quali una volta cucite, facevano nascere il libro.
La pagina di questo post scorre sotto le mie dita e tra poco verrà trasmessa alla memoria digitale di Google per essere letta in Rete ed entrare a far parte della biblioteca digitale del mondo. I libri di mio Padre entravano in biblioteche molto diverse.
Quelle avevano un cuore di carta, queste hanno un cuore di “bits & bytes”. Sarei potuto diventare un libraio. Sono diventato, invece, un blogger. Ma di cosa è fatto il cuore di un libro? Un cuore di carta o di bits & bytes?
Che cos’è un bit ? Cosa significa? Qual è la sua forma completa? Bit sta per cifra binaria. Questa è la forma completa di Bit. È binario 0 o 1. Solo le due cifre. Non sono necessarie altre cifre.
I nostri dispositivi informatici sono abbastanza intelligenti da dare un senso alla combinazione di queste due cifre per elaborare enormi quantità di informazioni. Un bit è l’unità atomica, più piccola, più elementare di dati/informazioni che viene espressa e comunicata nell’informatica.
Anche nelle telecomunicazioni. I nostri computer eseguono le istruzioni della macchina ed elaborano i dati sotto forma di bit. La maggior parte dei dispositivi tratta 1 come un valore logico vero e 0 come un valore logico falso. Un cuore che dice il falso e uno che dice il vero.
Va bene, andiamo avanti… Ok, ora sappiamo cos’è un bit. Che cos’è poi esattamente un byte? E quanti bit in un byte? Un byte è una raccolta di 8 bit. Ma perché 8 bit?
Storicamente, byte è stato utilizzato per rappresentare/codificare un singolo carattere di testo in un computer. Di conseguenza, le architetture dei computer hanno preso il byte come la più piccola unità di memoria indirizzabile nell’informatica.
Nei computer, l’unità di archiviazione più comune è un byte. I dispositivi di archiviazione come dischi rigidi, DVD, CD, chiavette USB hanno tutti capacità sotto forma di byte anziché di bit. È anche molto più facile gestire unità di livello superiore che denotare le cose in bit ogni volta.
Da qui sono arrivati kilobyte, megabyte, gigabyte ecc. La maggior parte dei linguaggi di programmazione utilizza i byte per memorizzare i tipi di dati primitivi. Ad esempio Java.
Ecco, due cuori a confronto. Il vostro cuore è di carta o digitale? Io non posso dimenticare quello di carta, ma è quello digitale che mi tiene in vita …