756 pagine di “Io uccido”

Antonio Gallo
8 min readJul 13, 2024

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Giorgio Faletti

Il libro “Io uccido” di Giorgio Faletti è un thriller molto apprezzato dalla critica e dai lettori. Lo comprai quando venne pubblicato nel 2002 sull’onda del successo che stava avendo, ma non lo lessi. Me lo sono ritrovato tra le mani come lettore del Corriere in offerta speciale per le Edizioni di La Nave di Teseo, a dieci anni dalla scomparsa dell’autore. Questa edizione consta di ben 756 pagine e contiene anche una postfazione di Jeffery Deaver, il maestro del thriller internazionale.

Confesso di non aver mai letto un libro di tante pagine in così poco tempo, due settimane. Non amo molto i romanzi. La ragione è semplice: basta leggere le cronache dei giornali per capire che la vita è tutto un romanzo in continua scrittura. Preferisco i saggi perchè, anche se spesso non hanno nulla di saggezza, aiutano a vivere il romanzo della vita. A pensarci bene, la vita è come un romanzo in continua scrittura. Basta leggere le cronache dei giornali per rendersi conto di quanto la realtà superi sempre la fantasia più sfrenata. Perché cercare rifugio nella finzione letteraria quando possiamo attingere a piene mani dalla ricchezza, per modo di dire, e dalla complessità del reale?

Mani insanguinate, putroppo, come quelle dita che hanno disegnato il titolo della nuova edizione del thriller. Così pensavo e mi sbagliavo. Dopo di aver letto in esergo i versi di Garcia Lorca sulla “morte che va per strada” e dopo aver affrontata la lettura del “primo carnevale”, non sono più riuscito a chiudere il libro fino all’ultimo “carnevale” nel quale si rivela la conclusione del libro. I capitoli intitolati “Carnevale” all’interno del romanzo “Io Uccido” di Giorgio Faletti rivestono un’importanza cruciale per la comprensione della storia e dello sviluppo della trama. Questi capitoli segnano dei punti di svolta nella vicenda, introducendo nuovi elementi che complicano le indagini del protagonista. Sono momenti cruciali per l’avanzamento della trama e la risoluzione del mistero.

Con atmosfera e simbolismo i capitoli “Carnevale” evocano un’atmosfera di mistero, trasgressione e follia, perfettamente in linea con la psicologia disturbata del serial killer protagonista. Il Carnevale rappresenta un momento di rottura della routine e sospensione delle regole sociali, che il killer sfrutta per compiere i suoi delitti efferati. Il killer approfitta del clima di festa e si maschera per compiere i suoi crimini, quasi come se si nascondesse dietro un’identità alternativa. Questo contribuisce a creare una dimensione quasi rituale attorno ai suoi omicidi. Rappresenta anche un momento di catarsi e rivelazione finale.

Per quanto affascinanti e coinvolgenti possano essere, i romanzi rimangono pur sempre opere di fantasia, distaccate dalla nostra esperienza quotidiana. Questo pensavo, quando all’edicola mi sono trovato tre le mani, per pochi euro, queste 756 pagine di un libro che possedevo, ma non avevo letto. Mi spingevano a capire gli innumerevoli “ammazzamenti” che leggo nelle cronache quotidiane e quel titolo, quel grido, che suonava quasi come un macabro invito alla lettura e condividere questi orrori.

Sono cascato nel tranello narrativo e non sono riuscito ad uscirne, se non quando ho finito di leggere “l’ultimo carnevale”. Sì, la vita è un romanzo in continua scrittura. E noi, scrittori, lettori e protagonisti di questa grande opera, abbiamo il privilegio e la responsabilità di interpretarne il testo, di coglierne i significati nascosti, di dare forma e senso alla nostra storia personale.

Il libro di Faletti non mi ha interessato tanto per la vicenda che narra, la caccia ad un assassino seriale. In fin dei conti non tanto misterioso e forse nemmeno tanto imprevedibile, quanto per la forma nella quale lo scrittore ha saputo magistralmente descrivere gli eventi, le situazioni, le emozioni. Una scrittura molto densa di considerazioni, valutazioni, sentimenti che spesso risuonano come aforismi, proverbi, detti, sentenze.

A Faletti sembra che interessino di più i suoi personaggi veri o falsi, maschere nude o travestite, piuttosto che le situazioni e le conclusioni che narra. I temi che tocca ci sono tutti. La stampa, i giornali e i giornalisti, i media e gli ipermedia, la musica, i vari tipi di musica, la psicologia individuale e sociale, la tecnologia, i motori, il turismo, le scommesse, la nautica, le armi, le automobili. Tutto bolle nel calderone di Montecarlo. Io ci sono stato nel Principato, anche se solo di passaggio. Leggendo il libro, mi ci sono come ritrovato.

Le recensioni che ho letto evidenziano i diversi aspetti del romanzo. La trama è intrigante e ben costruita, con colpi di scena che tengono il lettore incollato alle pagine. Lo stile di scrittura è fluido e coinvolgente, con una particolare attenzione ai dettagli descrittivi. I dialoghi tra il killer e il DJ radiofonico che annuncia i suoi delitti sono considerati la parte più interessante e originale del libro.

Nonostante il tema cupo, il romanzo thiriller riesce a trasmettere emozioni a intrattenere il lettore ed anche ingannarlo. Forse in alcuni punti la narrazione risulta un po’ dispersiva, ma nel complesso “Io uccido” è un ottimo thriller, capace di catturare l’attenzione del lettore. Il successo commerciale del libro, con milioni di copie vendute, ne conferma la popolarità. Il ruolo del killer è descritto come centrale e molto ben caratterizzato. Il soggetto è presentato come un individuo estremamente organizzato e freddo, ma allo stesso tempo tormentato da una doppia personalità e da una patologia che lo spinge a uccidere senza alcun motivo apparente.

I capitoli “carnevale”, dal suo punto di vista di cui ho già detto, rivelano gradualmente dettagli sulla sua ossessione per le mutilazioni dei cadaveri e sulla sua passione per la musica, in particolare per le canzoni di Santana. Il killer comunica in modo enigmatico con un programma radiofonico, annunciando i suoi delitti e lasciando indizi per gli investigatori, creando così un gioco del gatto e del topo con il commissario Hulot e l’agente dell’FBI Ottobre. La doppia personalità, divisa tra l’identità di “Vibo” e quella misteriosa di “Paso”, aggiunge complessità alla sua caratterizzazione psicologica. Il killer è descritto come un personaggio centrale e molto ben delineato, che guida gran parte della trama attraverso i suoi delitti efferati e il suo gioco di comunicazione con gli investigatori.

Il contesto influenza la narrazione in diversi modi. Contrasto tra lusso e violenza. Il Principato di Monaco, noto per il suo lusso e la sua sicurezza, crea un contrasto interessante con gli omicidi cruenti che avvengono all’interno della città. Questo contrasto aumenta la tensione e la sorpresa del lettore. Faletti scrive con precisione, coinvolgendo il lettore con dettagli sulla vita mondana e il lusso della città. Queste descrizioni aggiungono profondità alla narrazione e aiutano a creare un ambiente immersivo. Il lettore è costantemente incuriosito dal modo in cui il killer può essere così organizzato e freddo in un luogo noto per la sua sicurezza.

Questo è un libro che ti prende in contropiede a cominciare dai luoghi. Quando mai si è visto un serial killer a Monte Carlo? Strideva quell’immagine patinata e glamour del Principato, graffiata da delitti orrendi che spaventava solo a raccontarli. Un assassino che poteva essere chiunque di loro. E anche di noi. O forse proprio tu. Nella partita infinita tra il Bene e il Male ti accorgi che puoi benissimo cambiare squadra. E questo ti inquieta.

Giorgio Faletti è un palombaro dell’anima. Va in profondità per sapere cosa c’è sotto. Con la paura dell’ignoto, ma anche una curiosità che non può restare a pelo d’acqua. I protagonisti ti sembrano tutti innocenti. E tutti indiziati. C’entrano la cattiveria, il caso, il passato. Un miscuglio di sentimenti che sbagli la dose e tutto deflagra. C’è un pilota di Formula Uno che cerca risposte su panfili extralusso accanto a una campionessa di scacchi che potrebbe sfilare per una maison del lusso. E il pensiero corre ad Ayrton Senna e Carol Alt. Belli e impossibili. Tormentati e felici. Sono loro le prime vittime del killer. Senza una ragione apparente e con una ferocia che scuote l’anima.

Il perché irrompe prima del chi è stato. La caccia al movente si muove sui terreni paludosi della psicopatologia. O forse chi uccide sta solo tentando di chiedere aiuto nel modo sbagliato. Si mostra come dietro uno specchio deformato. Firma i suoi delitti con l’inchiostro del sangue. Anticipa le sue mosse chiamando al telefono il dee-jay di Radio Monte Carlo. Sembra sapere tutto in anticipo, si crogiola nel suo delirio. Eppure soffre. Magari prova persino dolore per chi ha deciso di portare nei campi di un’altra vita.

La polizia che gli dà la caccia non è abituata a una violenza così efferata. Nel Principato c’è un poliziotto ogni sessanta abitanti. Peggio di uno Stato totalitario se non fosse, invece, il Bengodi delle libertà. Basta avere un conto in banca mai sotto i sei zero. Il commissario Nicolas Hulot si immaginava qualcosa di diverso come antipasto a una pensione da raggiungere senza percorsi sdrucciolevoli. Lui è un uomo riflessivo che il Male se lo dipinge come una variante impazzita. Qualcosa che c’è sempre stata ma che ha le sue regole. E colpire in questo modo è scorretto. Ti manda in frantumi un’esistenza di certezze e di dubbi, prima o poi, risolti. Un brutto finale di carriera che davvero non ti meritavi.

E allora per farsi aiutare ha bisogno di qualcuno che stia agli antipodi dei suoi neuroni razionali. Pigri, talvolta, ma pensanti. Uno che con la vita non ci vuole più fare i conti. Un uomo come Frank Ottobre che per decifrarlo altro che Intelligenza artificiale. Del resto, se è così, ha le sue buoni (e drammatiche) ragioni. Una moglie che ha deciso che il tempo passato sulla Terra era scaduto e tanto valeva lasciarsi andare da una scogliera giù fino all’oceano senza nessuna idea di risalire. Si chiamava Harriet e sarebbe bastata una parola in più. Uno sguardo di quelli che ti viene voglia di ricambiare. Tutte cose che ci pensi sempre dopo. Il vestito dell’anima di Frank comincia a sbagliare le misure. E lui non dà mai colpa al sarto, ma solo alla stoffa. Per questo non riesce a venirne fuori.

A proposito, Frank Ottobre a Monte Carlo è solo un ospite. Lui viene dall’altra parte dell’oceano. Stati Uniti. Il poliziotto vero, per giunta del’Fbi, è solo lui. E non è detto che sia un bene. L’assassino dimostra di sapersi muovere tra le note. La musica lo appassiona. Un altro pregiudizio sbriciolato come una torta cotta troppo e troppo a lungo. Per questo sceglie come confidente delle sue imprese delittuose una radio. E il miglior dj in circolazione come orecchio. Jean-Loup Verdier, a suo modo una leggenda.

Un talento naturale per le parole. Radio Monte Carlo un mondo dove vedevi senza usare gli occhi. L’angolo creativo di quel luogo. Il Principato vero, dietro la cartolina e adesso i selfie. Una redazione che raggiungevi sulle strade dei bolidi, la curva della Rascasse, il tunnel che non finiva mai. E capivi che la vita si può affrontare alla velocità che vuoi, tanto il percorso è sempre lo stesso. Quello di Pierrot, un ragazzo con problemi cognitivi. Che Jean-Loup si prende a cuore e non è solo per compassione. Che la bontà esiste davvero e ti fa fare cose che non chiedi niente in cambio e ti senti più ricco. Pierrot e l’aria smarrita ma che si illumina quando è il momento di trovare una canzone. Lui che le sa tutte e anche l’archivio non è quell’antro incomprensibile dove si mette tutto e non si trova niente.

Giorgio Faletti rivive in ognuno dei suoi personaggi. Sono le sue promesse e le sue scommesse. La malinconia che viene su dal porto e copre come una nebbia una città che deve sempre sorridere. Giorgio che ci conosce e si conosce.

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Antonio Gallo
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Written by Antonio Gallo

Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one. Nulla dies sine linea.

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